Testo di Francesca Casella e Nicole Trevisan
Editing di Andrea Peverelli e Yuri Sassetti
Il primo personaggio ad apparire in Anatomia di una caduta è un cane, Snoop. Raccoglie una pallina che rimbalza gradino dopo gradino lungo una scala ripida e vuota. Nell’inquadratura di apertura è racchiuso l’evento cardine del film: un uomo, Samuel (Samuel Theis), cade da una finestra e gli unici testimoni sono suo figlio ipovedente e il cane. Uno non è in grado di vedere, l’altro non è in grado di parlare. A interessarci, tuttavia, è Sandra (Sandra Huller), la protagonista. Poco prima della tragedia, sta rilasciando un’intervista a una sua allieva che, tra un bicchiere di vino e domande che rivelano un desiderio di intimità tra le due, è disturbata dall’intromissione di suo marito, Samuel. Non visibile sulla scena, egli viene introdotto da un elemento sonoro: la musica, che risuona in un loop fragoroso (P.I.M.P. di 50 Cent), determinato a disturbare le due donne e dichiarare la propria presenza da qualche parte nell’immensa casa. Presenza che si palesa fisicamente con la caduta, accidentale, forse no, del titolo. Un’anticipazione, la scena iniziale, che si rivela una sorta di premonizione, un po’ come l’incipit di Gone Girl dove sentiamo il protagonista maschile, Nick Dunne (Ben Affleck), parlare di matrimonio mentre accarezza la testa di sua moglie Amy (Rosamund Pike) – scena ripresa poi in chiusura del film, costruito secondo un principio circolare capace di trascendere il medium cinematografico. Nick e Amy sono sposati da cinque anni e il loro matrimonio è in crisi da quando hanno perso il lavoro e si sono trasferiti da New York a Carthage, Missouri, città natale di lui. Il giorno del loro quinto anniversario Amy scompare e Nick, più perplesso che disperato, allerta la polizia. Di lì a poco, per una successione di indizi a suo carico, verrà sospettato di aver ucciso la moglie. Al punto di vista di Nick si accosta quello di Amy, che nel suo diario racconta la nascita del loro amore e l’idillio coniugale ora estinto, rivelando una serie di abusi a cui Nick si dichiara estraneo. Una delazione che lei programma nei minimi dettagli, decisa a distruggerlo facendolo prima arrestare e poi condannare per il suo omicidio (nel Missouri è prevista la pena di morte) dopo averne scoperto il tradimento. I due protagonisti si contendono l’attenzione dello spettatore, ma a spiccare è Amy.
Illustrazione originale di oejerum
Gone girl è uscito nel 2014 e la protagonista, Rosamund Pike, riceve la candidatura all’Oscar come migliore attrice. Anatomia di una caduta è uscito nove anni dopo, nel 2023, e la protagonista, Sandra Huller, riceve la candidatura all’Oscar come migliore attrice (tra i vari riconoscimenti, questo film ha vinto la Palma d’Oro al festival di Cannes e l’Academy Award per la miglior sceneggiatura non originale). Un film “femminista”, quest’ultimo, secondo un’accezione contemporanea, che non è stata usata nei riguardi di Gone girl: Sandra, la protagonista, è una donna forte, bisessuale; una madre che, prima di essere tale ed essere moglie, è una scrittrice con la sua volontà di affermazione. Viene accusata di aver commesso un crimine e ogni aspetto della sua vita viene sviscerato, così come il suo matrimonio e il suo modo distaccato di essere madre. Viene giudicata fino alla sentenza definitiva, su cui lei ha un margine d’azione limitato. È un’icona, forse scomoda, della possibilità di essere donna piuttosto attuale. Amy, invece, è una “strafica”, come lei stessa si definisce, magra e bellissima, divertente se necessario. Ha soldi, indipendenza, è anche lei una scrittrice e ha un malcelato desiderio di sposarsi: quando conosce il suo futuro marito appare felicissima, all’apice della sua realizzazione. Tuttavia, il matrimonio comincia a soffrire quando non resta (né a lei né a Nick) altro che quello, avendo perso il lavoro e la casa. La cura? Prima il tentativo di arrestare e uccidere il marito fedifrago e poi, naturalmente, un bambino. Non è semplice determinare se Amy, nove anni dopo, sarebbe potuta essere Sandra, ma è possibile. Amy, in fondo, è incoraggiata dalla socializzazione sessista a “fingere e manipolare, a mentire come metodo per piacere all’altro” come scrive Bell Hooks (Tutto sull’amore). Nel mezzo ci sono nove anni di attivismo femminista, di cambiamenti veri o presunti nella concezione della coppia e dell’amore. Quindi, Sandra ha imparato a fare a meno della menzogna per piacere, ai giudici come allo spettatore. Nonostante questo, le due protagoniste hanno ancora diversi punti di contatto. Sono entrambe infelicemente sposate, in qualche modo straniere e sole: sia Amy sia Sandra vivono nella città natale del marito, in una casa scelta dal marito, enorme e incompleta, che imprigiona la coppia oltre che la donna, com’era negli intenti iniziali dei loro partner. È la casa la trappola che “uccide” Amy in Gone Girl e fattivamente Samuel in Anatomia di una caduta. La casa è custode di segreti e strumento per uccidere, ma chi l’ha davvero sfruttata come tale, l’uomo o la donna? Il luogo del focolare, dominio femminile, sembra poter servire l’uomo per affermare il suo potere, anche quando quest’ultimo perde i connotati tradizionali del suo privilegio, fallendo nel lavoro, dovendo dipendere finanziariamente dalla partner, relegato (come nel caso di Samuel) all’accudimento della prole o alla sua produzione (Nick). Di certo, le due donne abitano la casa, lavorano e pensano al suo interno – sono entrambi caratteri molto cerebrali, più che fisici o emotivi – e si prendono cura, come possono, dei familiari. Così come il ruolo impone, non vengono mai meno ai loro doveri muliebri, almeno in superficie. Tuttavia, prima di ogni cosa, sono entrambe scrittrici. Per quanto la sfumatura di ambizione sia differente, è questo che le definisce: la capacità di raccontare di sé, dell’intorno, della relazione. La loro vita è materiale narrativo. Forse, non è nient’altro.
«E Nick pensava di essere lui, lo scrittore», ghigna trionfante Amy, in fuga dopo aver incastrato il marito. Cresciuta con un alter ego letterario (la Mitica Amy) da cui è tratta una serie di libri scritta dai suoi genitori, ha sempre tenuto nascosta l’abilità di ri-narrare la sua vita, che si rivela nei dettagli (il riferimento alla sua testa, al suo genio, nella scena di apertura) ed emerge quando scrive, per esempio facendo trovare un falso diario che avvalori le accuse nei confronti del marito. Diario che edita ogni volta che incontra ostacoli nel corso della latitanza, fino ad arrivare al lieto fine consono per la sé stessa protagonista: casa, marito, maternità. Un libro che parli di lei e che la rappresenti come desidera, finalmente. Sandra, come scrittrice, non è meno pericolosa. È una predatrice. Non genera dal nulla le sue storie, il suo atto creativo consiste nel vampirizzare la vita d’altri – i parenti, il marito – senza chiarire fino a che punto intervenga la fantasia e quanto ci sia di reale. Preda le idee del marito e ottiene il successo a cui lui non riesce ad arrivare. Fredda, ambigua come la sua scrittura, che al suo stesso modo non ha nulla di confortante, deve avvalersi della capacità di raccontare se stessa per discolparsi dalle accuse. Del resto, come dichiara il suo avvocato nel corso del processo, non ha importanza se sia o meno un’assassina, perché l’idea di una scrittrice che ha ucciso il marito sul quale ha prevalso dal punto di vista letterario è molto più interessante di un insegnante morto suicida. Le parole e il linguaggio hanno un valore solo apparente nel corso del processo, a vincere è la narrazione della donna arrivista, adultera, malefica anziché materna: Sandra è riuscita dove il marito ha fallito, è anaffettiva ed egoista, quindi è preferibilmente colpevole. Allo stesso modo, Nick è l’assassino ideale di Amy, perché un uomo traditore che si sbarazza della moglie debole e amorevole è un’eventualità accettabile; quella di una donna a tal punto manipolatoria e geniale da ordire il piano che l’avrebbe portato sulla sedia elettrica, invece, no. In entrambi i film ad essere rifiutata dalla società è l’idea di una donna abbastanza intelligente da imporsi sull’uomo. E se da una parte Amy la sfrutta per uscirne pulita come dopo una doccia calda che le lava il sangue di dosso, Sandra subirebbe un destino diverso, se non fosse per il tiepido ma ostinato amore del figlio Daniel, che la salva ri-narrando un ricordo forse mai esistito.
La rappresentazione della donna cambia, restano gli stessi dilemmi coniugali e familiari. Eppure, sebbene il giudizio sia in apparenza speculare, dove una è per forza innocente e l’altra per forza colpevole, tutto ciò avviene per la medesima inaccettabilità del potere femminile che si realizza per vie intellettuali e sovrasta il partner. È questo che le rende mostruose, e l’unica possibilità concessa è raccontare la propria versione della storia. Vera o falsa, che possa piacere o no al pubblico, ma che sia quella che vogliono loro.
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