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Dialogo con Mattia Marzorati


“Tendo a scattare in modo abbastanza pulito e a concepire la fotografia come una parentesi per fare ordine nella realtà”




Incontro per la prima volta il lavoro di Mattia al festival della fotografia etica di Lodi; il progetto che attira la mia attenzione è La terra dei buchi, che racconta le criticità ambientali legate alla provincia di Brescia.

Lo osservo attentamente e capisco che, al di là del tema specifico, la chiave e la potenza di questo lavoro risiedono nella composizione delle immagini che costruiscono il racconto: tutte le fotografie contengono solo gli elementi essenziali alla struttura narrativa e nulla di superfluo distoglie l’attenzione dal soggetto principale.

Qualche anno dopo decido di contattarlo per approfondire con lui la sua visione ed il suo linguaggio, poiché credo che la comprensione degli autori possa aiutare a prendere coscienza del mezzo fotografico e del suo potenziale al giorno d’oggi.


Mattia Marzorati nasce a Cantù nel 1992.

Tra il 2015 e il 2017, durante l’anno di servizio civile trascorso in Perù, incontra la fotografia.

“La cultura andina mi affascinava molto e non avevo altre intenzioni se non quelle di scattare foto ricordo di quei mesi. Successivamente mi sono iscritto a un corso base di fotografia a Granada; lì ho sviluppato un progetto personale su una coppia di ballerini di flamenco nel locale dove lavoravo. Ho capito che raccontare storie attraverso le immagini era qualcosa di molto stimolante e mi sono quindi iscritto ad un corso di fotogiornalismo a Madrid.

Dal 2017 ho iniziato a pubblicare vari reportage su media italiani ed esteri e a collaborare con diverse ONG.

In particolare, fra il 2019 e il 2021, avendo trascorso molto tempo in Italia, ho deciso di concentrarmi su un tema verso il quale sono sensibile, che è l’inquinamento e lo sfruttamento del territorio. Facendo ricerca ho scoperto che il bresciano è una delle aree più contaminate d’Europa a causa di molteplici fattori che si sono sovrapposti nel corso dei decenni. Mi ha sorpreso la scarsa copertura mediatica di questa realtà ancora oggi estremamente critica e ho deciso di approfondire".


In passato Mattia ha lavorato su varie tematiche sociali, specialmente legate alle migrazioni, in Uganda, Libano, Bulgaria, Iran e Grecia, ma il suo primo progetto a lungo termine è La terra dei buchi, che indaga le dinamiche e le conseguenze legate alle criticità ambientali nella provincia di Brescia. La mancanza di leggi che regolano lo smaltimento dei rifiuti, anche a causa della presenza di infiltrazioni mafiose, ha portato ad uno sviluppo di tumori e di altre patologie molto più alto che nel resto del Paese (nel territorio è presente uno dei più grandi inceneritori d’Europa, un’enorme concentrazione di discariche ed il maggior numero di siti radioattivi e allevamenti intensivi in Italia). Le immagini, accompagnate da didascalie, sono chiaramente il risultato di una lunga ricerca, che passa attraverso lo studio delle dinamiche sociali legate ai luoghi e alle aziende che operano nell’area e coinvolge i soggetti le cui vite sono state impattate dalle problematiche ambientali.

Il reportage ha avuto un’ottima esposizione mediatica tramite la pubblicazione su giornali, riviste e mostre e soprattutto ne è stato pubblicato un libro in edizioni limitate dalla casa editrice Seipersei [1].

Il lavoro ha anche vinto il premio RESET di Sistema Festival Fotografia.


Sotto sono riportate delle immagini tratte dal libro con alcuni estratti delle didascalie.



Figura 1 - Una zona estrattiva di Montichiari. [..]. Il comune di Montichiari rappresenta un caso unico in Europa per la concentrazione di discariche.

Figura 2 - Carmine Piccolo ha perso la moglie a causa di una leucemia nel 2014. […]

Figura 3 – Materiale non identificato disperso in un campo di grano a pochi metri dalla discarica Gedit e Plurimetal contenenti rifiuti speciali e pericolosi. […]

Figura 4 - Alfa Acciai, uno dei più importanti poli di produzione di acciaio in Italia, nel quartiere San Polo a Brescia. […]

Figura 5 - Pierino Antonioli e Franca Bresciani. Nel 2001, dopo alcune analisi prodotte nella loro azienda agricola, si sono visti sequestrare e uccidere tutte le vacche perché contaminate da PCB [...].

Figura 6 - Stefania durante un trattamento estetico gratuito. Alcuni saloni di bellezza bresciani non fanno pagare le donne malate di cancro. [...]

Si vede come tutte le immagini siano perfettamente composte e contengano solo gli elementi essenziali alla struttura del racconto e questo rende la comunicazione immediata ed efficace. Gli chiedo quindi di parlarmi del suo stile e di ciò che lo influenza.


“In generale tendo a scattare in modo abbastanza pulito e a concepire la fotografia come una parentesi per fare ordine nella realtà. Non sempre questo approccio mi soddisfa a pieno e per questa ragione provo a lavorare con strumenti diversi e linguaggi visivi differenti, adatti ad ogni specifico progetto fotografico. L’analogico ha sicuramente migliorato il mio grado di immersione e di attenzione rispetto a ciò che voglio fotografare. Più di ogni altra cosa l’approccio a lungo termine è la modalità di lavoro che ritengo imprescindibile per riuscire a sviluppare un progetto con la dovuta qualità e il rispetto per i soggetti.

Per quanto riguarda le influenze di autori e autrici cerco di rimanere aggiornato sui progetti fotografici in circolazione ma è la letteratura la fonte principale di stimoli.

Rispetto a qualche anno fa leggo meno saggi ma più romanzi e racconti. Mi capita di cercare autori e autrici provenienti dalla zona geografica interessata dal progetto fotografico.”


Chiedo infine quale pensa che sia, al giorno d’oggi, il ruolo sociale del fotografo.


“Credo che ognuno di noi abbia un ruolo sociale fondamentale nel mondo di oggi a prescindere dalla professione. Le responsabilità verso gli altri/le altre sono enormi e chiare come mai prima d’ora. Nello specifico la fotografia è uno strumento politico e sociale molto potente e di conseguenza andrebbe utilizzato con grande cautela e onestà. Personalmente sto cercando di fondere sempre più l’esercizio della fotografia con l’attivismo in quanto penso che sia un buon metodo per mantenere il giusto coinvolgimento verso la realtà che ci si propone di raccontare e al tempo stesso una sana distanza dalla pratica artistica quale è la produzione di immagini”.


Recentemente Mattia ha iniziato a viaggiare in Colombia in quanto è il paese al mondo con il più alto numero di omicidi di persone che difendono i diritti umani e l'ambiente, con l’obbiettivo di sviluppare un progetto nei prossimi anni.

Ha insegnato fotografia in Italia in varie occasioni negli ultimi anni. I corsi che tiene sono rivolti a persone con una conoscenza minima della materia, strutturati con una breve introduzione storica, una riflessione su come la fotografia venga utilizzata e sulla manipolazione della realtà che ne deriva, per poi convergere alla parte puramente tecnica.

Per approfondire e comprendere meglio il suo lavoro rimandiamo al libro La terra dei buchi [1] e al suo sito web a pagina Instagram [2], [3].


 

[1] Il libro è disponibile presso Seipersei editore.


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