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"Io sono la bestia": intervista ad Andrea Donaera

Giovanni Milauro intervista lo scrittore Andrea Donaera, autore di "Io sono la bestia" (NN Editore, 2019), suo romanzo d'esordio.




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"Io sono la bestia" è ambientato nel tuo paese d'origine, Gallipoli. Quanto e in che modo parla del Sud questo libro?


Parla di un sud personale, “viscerale” nel senso più intimo del termine. È ambientato nelle mie memorie di una Gallipoli vissuta nell’infanzia e nell’adolescenza, una cittadina cupa, triste, immobile, che ho sempre frequentato soltanto nelle zone periferiche, lontano dai movimenti estivi e turistici – avendo a che fare con un’umanità spezzata, o sporca, o immorale, o spenta.




Mimì, uno dei personaggi principali ha un carattere molto forte. A me è sembrato come un’esacerbazione della violenza presente nel basso Salento. Quanto c’è di irrimediabilmente meridionale, gallipolino, in questo personaggio, oltre alla sua affiliazione alla Sacra?


Giusto: è una sintesi di certe movenze (interiori, non solo comportamentali) tipiche di certa umanità delle provincie meridionali dove non si è mai avuto un vero contatto con quel mondo che si è invece sviluppato “da Roma in su”. Impunemente impulsivo, perennemente egoriferito, pulsionale in modo ferino: Mimì è tutto questo perché ha la possibilità (il potere) di esserlo, in un luogo che non allontana certi individui, ma li erge al livello di leader.






Veli e Mimì. Due bestie, forse due facce della stessa medaglia. Cosa accomuna e cosa divide questi personaggi?


Veli è una bestia spinta da una pulsione specifica: quella di voler amare a tutti i costi una persona. Nella sua esistenza non c’è altro, e l’assenza di margini attorno ai desideri non può fare altro che generare abbrutimento. Mimì invece è bestiale per i motivi detti nella risposta precedente: nel suo universo di simboli esiste, sostanzialmente, soltanto lui, selvaggiamente libero da ogni contestualizzazione o pluralità. Sono entrambi personaggi regrediti a un livello archetipico della natura umana: bestie differenti, ma pur sempre fuori dal vero consesso civile.




In "Io sono la bestia" le figure femminili sembrano divincolarsi da qualcosa. Fuggono dalle "bestie"? Anche i personaggi femminili hanno il loro modo di essere bestiali?


Sono cresciuto in una comunità famigliare e sociale popolata da molte donne, e in Salento esiste ancora una qualche separazione netta – orridamente fuori tempo – tra “maschio” e “femmina”. Osservare il mondo attraverso i comportamenti delle donne di questi luoghi mi ha permesso di tastare il polso di un disagio costante, di una ribellione latente: sono donne che ancora devono raggiungere il nostro tempo, e ci provano con i mezzi che hanno. Per questo i personaggi femminili del romanzo risentono di questa mia esperienza.




A proposito di "bestie", sembra che da un lato tutti i personaggi abbiano un lato violento e bestiale, animalesco. Stai cercando di dirci che in ognuno di noi c'è una bestia famelica? Dove la identifichi fuori dalle pagine del tuo romanzo? E dentro di te?


Certo. C’è un lato occult(at)o in ogni persona.


Le persone “perbene” sono quelle capaci di addestrare la propria bestialità. Altre non lo fanno – per i motivi più disparati. E lì succedono i guai.



Nel tuo libro le bestie amano, anche molto profondamente. Mimì, Arianna, Veli e Nicole. C'è un rapporto di amore e violenza fra queste figure. Come si conciliano questi aspetti?


Non è amore, è desiderio: è il desiderio di essere desiderio. Questo è un processo estremamente torbido e insano, certo, ma è anche ciò che muove ogni singolo essere umano – secondo me.




L'introspezione dei tuoi personaggi incontra spesso il profondo turbamento della psicopatologia. Cosa cercavi di comunicare tramite la potenza di questo disagio?


Secondo me i personaggi più interessanti – quelli che generano storie che meritano davvero di essere raccontante – sono quelli realmente e profondamente feriti psicopatologicamente. E poi, è nella realtà dei fatti: ogni gesto di ogni persona è in qualche modo sintomo di una qualche nevrosi. Se dilatiamo concettualmente questa idea succede che può nascere una pagina letteraria.




Hai da poco pubblicato "lei che non tocca mai terra”. Quali punti ha in comune con questo romanzo?


Moltissimi. Non è un sequel, ma è come la seconda stagione di una serie antologica. Ci si sposta in avanti nel tempo rispetto al primo romanzo, ma i luoghi sono gli stessi, le umanità sono tutte adiacenti, le vicende sono un groviglio nero all’interno del quale ci sono famiglie disfunzionali, figure maschili tossiche, vittime e carnefici che si scambiano il posto in una partita moralmente disgustosa ed eticamente marcia.





Quali sono i riferimenti culturali, sia letterari che cinematografici, a cui si ispira il tuo lavoro?


C’è uno strano filo rosso che congiunge gli elementi del mio immaginario. Ho un mio canone letterario personale che però si congiunge costantemente con altre forme artistiche, senza generare alcuna gerarchia. Da David Lynch al black metal; da Eduardo De Filippo a Jacaques Lacan; da Tolkien a Bernhard; da Quentin Tarantino a Harry Potter; da Carrere ai testi di certe band metal finlandesi. Tutto si tiene, tutto c’entra, anche se non so spiegare bene come e perché.





 

About Andrea Donaera

Andrea Donaera è nato nel 1989 a Maglie ed è cresciuto a Gallipoli. Nel 2019 ha pubblicato per NNE il suo romanzo d’esordio,Io sono la bestia, che è stato salutato da pubblico e critica come un vero caso editoriale ed è stato tradotto in Francia. Nel 2021 ha pubblicato il suo secondo romanzo, Lei che non tocca mai terra. Collabora con il quotidiano Domani e scrive per Metalitalia








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