Andrea Lanfranchi | Trilogia dell'acqua
- rivistagelo
- 14 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Ötzi: poesie da conservare è una rubrica di poesia curata da Luigi Cannillo. Ogni mese una proposta di lettura con un breve commento al testo. Il 19 settembre 1991 venne ritrovato in Val Senales (Trentino-Alto Adige) il corpo perfettamente conservato di un uomo risalente all'età del rame, ribattezzato poi Ötzi. Il clima all'interno del ghiacciaio in cui fu ritrovato permise una conservazione completa del suo corpo. Allo stesso modo, vogliamo intendere le poesie che proponiamo: corpi da conservare, al di là del fluire del tempo.
Numero dodici
Andrea Lanfranchi | da Trilogia dell'acqua, peQuod, 2023
Andrea Lanfranchi, da La Pesa, La Luna, 2010, poi in Trilogia dell’acqua, peQuod, 2023
Le gradinate appese contro le pareti, la cabina vuota del comando, cassette scariche impilate come torri, bancali accatastati, il nastro nero della pesa - e sangue: gli spazi e gli oggetti, i fluidi organici residui sono immersi in queste poesie di Andrea Lanfranchi in un silenzio e in un vuoto che avvolti in una luce spettrale, circondano la tragedia della morte. La pesca è intesa qui non come svago nel tempo libero ma come attività economica e consumo alimentare. Il pescato infatti è stato poi sistemato per la vendita nel mercato ittico. Al centro della scena il riferimento mitologico e letterario del fiume infernale dell’Acheronte, l’amico pescatore come nocchiero Flegiàs che conduce Dante e Virgilio: “Chiamava così il posto dove arrivavano le cassette piene di pesce/ che, dal rullo trasportatore, gocciolavano ghiaccio e fluidi organici finali/ sul pavimento dello stanzone ribattezzato.” I magazzini, il pescato, il mercato, aprono davanti agli occhi del poeta uno scenario ancora in silenzio prima che le grida delle contrattazioni irrompano a lacerare le ultime agonie. È la materia muta a dominare nello spazio vuoto, e in quel teatro si avventura senza timori la poesia. Proprio attraverso il realismo della rappresentazione il corpo umano e animale acquisisce oltre alla sua dimensione biologica, una forma di sacralità.
Lanfranchi aveva pubblicato originariamente nella plaquette La Pesa questi testi nati dalla sua esperienza di lavoro come architetto nei cantieri dell’area marchigiana e dal contatto con maestranze e pescatori. Opportunamente quelle poesie sono state ora inserite nella raccolta Trilogia dell’acqua come testimonianza degli inizi del suo percorso letterario. Eugenio De Signoribus ricorda nella nota introduttiva il valore simbolico dell’immagine del pesce come simbolo cristiano con valore salvifico. Ma la riduzione del simbolo a merce propaga la sua eco nel teatro vuoto del mercato, nel gelo e nel silenzio, nella luce artificiale che accoglie gli uomini al mattino. Tutto resta in attesa che si compia il rito della vendita. Il poeta riesce a far passare attraverso la saracinesca dell’entrata una lingua asciutta, antiretorica, dove il realismo (espressionismo, iperrealismo) delle immagini della poesia può riverberare in figure simboliche. Così come i pieni degli spazi della nera stanza si riflettono nei vuoti, le presenze animali in quelle umane, gli imballaggi nei pesci che conterranno. E i silenzi nelle nuove future grida.

A Marco C
a la foce dell’Acheronte
Lui era sempre a due passi da me, coi piedi immersi
nell’acqua e nel sangue dei pesci, e nel nero petrolifero
delle seppie.
Io avevo degli stivali rimediati nello spogliatoio – erano
bucati in due o tre punti, e il freddo mi tormentava le estremità.
Lui invece, se li era comprati i suoi: gialli, con un bordino nero
e imbottiti.
Bisogna essere attrezzati, qui, alla foce dell’Acheronte – mi diceva.
Chiamava così il posto dove arrivavano le cassette piene di pesce
che, dal rullo trasportatore, gocciolavano ghiaccio e fluidi organici finali
sul pavimento dello stanzone ribattezzato.
Bisogna essere attrezzati per non sentire tutto il freddo della morte
– aggiungeva, laconico.
Poi fissava un punto oltre la pesa, oltre le saracinesche, oltre lo spazio
misurato del mercato, nel buio fondo, verso il porto punteggiato d’arancio.
Il suo silenzio dopo, era pari a quello del pescato raccolto nelle casse.
Il teatro è vuoto
Può la vista più che dal buio arrendersi alla luce…
S’accendevano i neon con uno scatto netto d’interruzione
Come uno shock nel buio della grande sala.
E dal soffitto arrivava un freddo siberiano
che sul pavimento si rifletteva insieme al gelo delle ore,
come una lama che dalla nera stanza agognasse
infiggersi nel primo corpo umano
che osasse sporgere oltre le saracinesche arrugginite.
Poi il grande palcoscenico: le gradinate appese
contro le pareti, sulla cavea ancora silenziosa,
e la cabina vuota del comando,
e le cassette scariche impilate come torri,
i bancali accatastati, il nastro nero della pesa
a dividere in due sponde
i posti riservati ai contendenti,
coi loro tasti disattivati – non ancora
assunti al gioco dell’offerta.
Quindi lo spazio esatto del mercato,
tra le piastrelle bianche – vuoto,
lì, in Attesa.

Andrea Lanfranchi è nato a Civitanova Marche, e attualmente vive e lavora a Fermo. Ha pubblicato i seguenti libri di poesia: vociverse, Ibiskos Ulivieri, 2009, (Premio Autori per l’Europa); La Pesa, La Luna, 2010, cantiere in luce, CFR Ed., 2014, (Premio Fortini), La voce obliqua, Arcipelago Itaca Edizioni, 2018, (Premio Arcipelago Itaca), Muri, realizzato in proprio nei quaderni di poesia e arte Le egrette bianche, Fermo, 2020, Il lato del silenzio, Ibiskos Ulivieri, 2021 e Trilogia dell’acqua, peQuod, 2023.
Ha inoltre pubblicato le sillogi Corpo di reato in Legenda, Fara Editore, 2009), A14 in Poesia di Strada XII edizione, Wizarts Ed., 2010, Il punto stabile in Poesia e Conoscenza N.2 Ed. Associazione La Poesia salva la vita, 2016.
Sue poesie sono incluse in diverse raccolte antologiche, riviste letterarie cartacee e on-line.
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