Ötzi: poesie da conservare è una rubrica di poesia curata da Luigi Cannillo. Ogni mese una proposta di lettura con un breve commento al testo. Il 19 settembre 1991 venne ritrovato in Val Senales (Trentino-Alto Adige) il corpo perfettamente conservato di un uomo risalente all'età del rame, ribattezzato poi Ötzi. Il clima all'interno del ghiacciaio in cui fu ritrovato permise una conservazione completa del suo corpo. Allo stesso modo, vogliamo intendere le poesie che proponiamo: corpi da conservare, al di là del fluire del tempo.
Numero cinque
Tie-break | Cristina Annino
La poesia di Cristina Annino è unica per rapidità, imprevedibilità dei collegamenti, dinamiche di costruzione, uso delle spezzature. L’effetto stilistico è tutt’uno con la concezione di poesia, con lo sviluppo del testo come organismo compatto. La velocità di composizione qui non corteggia l’aforisma sapienziale né il vezzo del frammento o la sospensione lirica. Ha piuttosto a che fare con l’eliminazione del percorso inutile, la svolta in traverse improvvise. Per un mio breve saggio per l’Almanacco di Poesia Punto, 5/2015, puntoacapo ed, scelsi il titolo Le parole tennis riprendendo due versi dalla poesia La lettera dalla raccolta Madrid (1987).: “Ma che posso/ farci: le pareti sono quello che sono e le parole tennis.” Quindi scambi, rimbalzi e direzioni incrociate, traiettorie anche impreviste. che arrivano secche a informare il testo schivando ogni retorica. In forma di auto-intervista che appariva sul suo sito www.cristinaannino.it (purtroppo attualmente non più accessibile) l'autrice dichiarava: “Riesco a leggere solo prosa. Non ho mai amato le parole “versi” e “poesia”. Avevano ed hanno, per me, il sapore della camomilla o di odori deboli. Penso che la parola "poesia", se nominata, diventa retorica, se definita dall'autore, diventa tautologica.”
Casa d’Aquila, a distanza di anni dalla sua pubblicazione (2008), rilancia possibili letture e interpretazioni. Commentandone la raccolta di appartenenza Stefano Guglielmin, acuto conoscitore dell’opera di Cristina Annino, osservava sul suo blog http://golfedombre.blogspot.com/2008/04/casa-daquila.html: "Se in Gemello carnivoro la casa raffigurava l'identità travagliata, espropriata dalla selva, dal caos, e dalla tirannia del principio maschile, in quest'ultimo libro essa perde l'indole labirintica e angosciante, per trasformarsi in «speranza», in pericolo che non spaventa, in «mistero glorioso», in spazio dove sfogarsi o lottare contro la follia, in tempo vissuto, sfinge, in «casa dolorosa», governata tuttavia dal principio rigenerante dell'aquila. […] È come se il libro più triste della poetessa, pervaso dal sentimento della prossimità alla fine, mutasse proprio all'ultimo di segno e il lettore dovesse rileggerlo a partire da questa inaspettata acquisizione.”
Passeranno 14 anni dalla prima pubblicazione della poesia, ma in effetti il riferimento della “prossimità alla fine” mi sembra rimarcare la mancanza di accoglienza, di riscontro. E nell’approssimarsi della conclusione della scalata della casa si colgono l’enigma e lo sgomento; l’ipotesi (non ci fossi più…) e la proiezione (A chi andrà…?) insieme alla consapevolezza della chiusa (l’aquila dentro di me). Anche in una poesia come questa, dalle maglie più larghe di altre, tesa lungo l’intenzione di parole che sembrano precocemente testamentarie, già arrivate al tie-break, schioccano i colpi della racchetta, sibilano le accelerazioni, si compongono le linee sul campo.
Casa d’Aquila
Vado verso la casa in una miseria di caldo sopra di me, nella morta estate senza onori.
Né telefono, fiori. Tento di capire che dica l’uscio premendosi la bocca con le
mani. Che vuol dirmi senza onori la casa? Non entro ma guardo fuori l’oscillante lingua dei piani.
Penso: non ci fossi più m’aprirebbero con cerimonia, su fondo turchino e le dita fari, leggendo quanto ci misi a scalare una casa vivendo. Sarebbe la Verità, perch’avevo ragione in tutto, e parlavo ai pesci del mare.
Alzo le mani senza resa, senza voltarmi. Niente fiori, casa dolorosa; ti peso sui due reni della bilancia. A chi
andrà tutta questa ricchezza, lo spreco delle forze, l’aquila dentro di me?
da Casa d’Aquila, Levante Ed., Bari, 2008; successivamente in Magnificat – Poesie 1969-2009, puntoacapo, Pasturana (AL), 2009
Nota Bio-bibliografica
Cristina Annino, (Arezzzo 1941 – Roma 2021) laureata in Lettere e Filosofia all’università di Firenze, ha vissuto a Roma - e a Milano dal 2015 al 2018. Ha pubblicato: Non me lo dire, non posso crederci, Tèchne, Firenze, 1969; Ritratto di un amico paziente, Gabrieli, Roma, 1977; Boiter, romanzo, Forum, Forlì, 1979; Il Cane dei miracoli, Bastogi, Foggia, 1980; L’Udito Cronico, in Nuovi Poeti Italiani n° 3, Einaudi, Torino, 1984; Madrid, Corpo 10, Milano, 1987. Dopo questo libro, pubblicato grazie all’interessamento di Antonio Porta, seguono anni di isolamento dal mondo
letterario per motivi familiari. Poi torna a pubblicare: Gemello Carnivoro, i quaderni del circolo
degli artisti, Faenza, 2001; Macrolotto, libro d’arte, Canopo, Prato, 2002; Casa d’Aquila, Levante
Editori, Bari, 2008; Magnificat, puntoacapo, Pasturana (AL), 2008; Chanson Turca, LietoColle, Faloppio (CO), 2012; Madrid, riedizione del libro del 1987 per Stampa 2009, Milano, 2013; Poco prima di notte, plaquette dell’Arca Felice, Salerno, 2013; Quadernario, ventisette poeti d’oggi, LietoColle, Faloppio (CO), 2013; Céline, Edb edizioni, Milano, 2014; Chronic Hearing, selected poems 1977-2012, Chelsea Editions, New York, 2014, Anatomie in fuga, Donzelli, Roma, Del 2016, il romanzo Connivenza amorosa, Greco & Greco, Milano, del 2019 la raccolta poetica Le perle di Loch Ness (Arcipelago Itaca, Òsimo, 2019). Il suo ultimo libro di poesie Avatar, è uscito postumo nel marzo per l’Editore Avagliano, 2022.
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