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Intervista a Michele d'Innella - Vertigo


 

A cura di Laura Scaramozzino

Illustrazione di Giacomo Giacquinto

 

1. Ciao Michele, un bentrovato nella spirale della vertigine. Ti ho conosciuto come autore di un podcast davvero interessante. Si tratta di Non spegnere la luce, che racconta misteri e vicende legate alla cronaca nera e non solo. Con te collabora l’autore, e attore, Giacomo Giaquinto, il quale presta la sua splendida voce alle vostre narrazioni settimanali presenti sulle maggiori piattaforme on line. Tu hai già scritto e realizzato altri podcast. Perché hai scelto il true crime e qual è, secondo te, la formula vincente di Non spegnere la luce, considerando il notevole riscontro di pubblico dell’ultima stagione?


Il segreto è il Contenuto allo stato puro. Niente sound design, niente testi pre-confezionati, niente pubblicità. Il progetto creativo di Non spegnere la luce nasce da un’esigenza intima di approfondire il rapporto con il pubblico dei miei lavori precedenti, di creare un appuntamento ed uno spazio di discussione, di dare un nome ed un volto a quelli che prima erano dei freddi numeri tra le statistiche fornite dalle piattaforme di broadcasting.

Credo che condurre un podcast sia un impegno serio, soprattutto quando ci si pone l’obiettivo di pubblicare un nuovo episodio ogni settimana. Prima di imbarcarmici, era quindi fondamentale per me scegliere un argomento di cui mi sentissi padrone, ma che allo stesso tempo mi concedesse gli stimoli giusti per rimanere curioso senza mai annoiarmi. E quell’argomento non poteva che essere, ovviamente, una delle mie più grandi passioni: la Cronaca Nera.


2. Come scegliete gli argomenti di cui parlare e l’approccio alla narrazione?


Mi piace dire che le nostre puntate sono “cucite” come un vestito intorno all’ospite di turno. I temi trattati nascono spesso in maniera spontanea, in base alle persone che io e Giacomo incontriamo nelle nostre vite, sia reali che online. Se ci sembra che una determinata persona abbia una particolare competenza su un argomento legato alla cronaca nera, il primo istinto è sempre quello di invitarla come ospite. Questo ci permette di barcamenarci in un range di argomenti estremamente ampio che, seppur legati tutti dal filo rosso della Cronaca Nera, spaziano dai classici serial killer, fino a scandali economici come il caso Enron o come il crac Parmalat.


3. Racconto, intervista e dibattito. Credi che questa sia la formula che ha decretato un gran numero di ascolti, insieme all’alchimia con Giacomo e con gli ospiti scelti?


Credo che non ci sia una formula perfetta. Quello che conta, nella vita come su internet, sono il duro lavoro e la costanza. Se dovessi indicare un fattore del successo di questo format, però, direi l’atmosfera: divulgativa ma allo stesso tempo distesa e discorsiva, come tra amici. Mi piace molto quando si crea un rapporto di intimità con gli ospiti, che spesso poi tornano a trovarci a distanza di qualche mese per trattare un nuovo caso o un nuovo argomento. Sono loro la vera spina dorsale di questo podcast; e sono convinto che anche la gente da casa se ne accorga quando si crea questa alchimia.







4. Il caso più difficile che avete affrontato? Per quale ragione?


Ci sono alcuni temi che dividono la nostra community. La cosa più difficile, da conduttore, è fare da contraltare quando un ospite è particolarmente schierato a favore di una tesi piuttosto che di un'altra. Seppure si tratti di un esercizio retorico piuttosto stimolante, comprendo che da casa la gente possa rimanerci male quando ci troviamo costretti a prendere le parti dei “cattivi” e a dover fare gli avvocati del diavolo. Questo però è fondamentale per mantenere la conversazione il più “intellettualmente onesta” possibile e per dare una prospettiva diversa su fatti che spesso sono già di dominio pubblico. Mi vengono in mente puntate come quella sul caso di Yara Gambirasio o quella sulla scomparsa di Silvio Berlusconi, che proprio per questi motivi sono state bersaglio di critiche.


5. Che rapporto hai con il tuo pubblico?


Mi piace conoscere i volti, le storie e le voci di chi ci ascolta. Nutro un profondo rispetto per chi decide di investire il proprio tempo ascoltandoci e cerco di ricambiare questa fiducia portando contenuti di qualità. Ci sono persone che mi seguono dal 2019 e che mi vogliono bene come un figlio (non esagero), senza neanche avermi mai visto di persona. Da quando abbiamo deciso di aprire la nostra community su Telegram mi sento estremamente soddisfatto: ho conosciuto delle persone straordinarie e sento di star costruendo qualcosa di importante. Ricordo che il primo giorno dopo essermi trasferito a Washington, quando ero ancora in hotel, ho incontrato una coppia di ascoltatori in viaggio di nozze e abbiamo cenato assieme. Sembra solo un dettaglio, ma mi ha dato una forza incredibile: mi ha fatto capire che ovunque fossi andato nel mondo non sarei mai stato solo. Questo è un grande privilegio.


6. So che vivi in America. C’è una percezione del crimine differente, rispetto all’Italia?


E’ risaputo che gli Stati Uniti siano una terra di estremi, nel bene e nel male. Proprio su questo argomento ho lavorato per tutta l’estate per preparare un nuovo format che parlerà dei diversi aspetti della vita in America. In anteprima vi rivelo che si chiamerà Stelle e Strisce e sarà un podcast mensile condotto da me e da Luca Pallavidino di Dpen Crimini. Ovviamente la criminalità non fa eccezione in questo gioco di estremi: basti pensare a temi caldissimi come quelli della liberalizzazione delle armi da fuoco, della pena di morte, e dei mass shooting. Di tutto questo però, avremo tempo e modo di approfondire nel futuro prossimo…


7. Chiudiamo, ringraziando Michele e ponendogli la domanda di rito. Che cos’è per te la vertigine?


Per me la vertigine è sinonimo di cambiamento. Io sono un tipo a cui piacerebbe avere sempre delle solide basi sulle quali costruire ed espandere, ma purtroppo non funziona sempre così. A volte è necessario, quasi benefico, uscire dalla propria zona di comfort in maniera traumatica e mettersi alla prova. Dunque per me la vertigine significa non sapere se quello che fai e le decisioni che prendi ti porteranno verso il successo o verso il baratro, ma andare avanti lo stesso. Mi piacerebbe chiudere questa intervista citando una frase tratta da una canzone dei Coma_Cose: “Che schifo avere 20 anni, ma quant’è bello avere paura”.


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